RIFLESSIONI TRA IDENTITA' LIUTERIA E NATURA

Dott.ssa Battani Debora

Questo testo nasce dalle riflessioni originate dalla partecipazione alla presentazione di un libro sulla costruzione della chitarra classica. Da psicologo psicoterapeuta quale sono, sono abituata a reagire alle vibrazioni emotive che sento e a riflettere su quanto i comportamenti, le scelte e il nostro fare, hanno a che fare con la salute e in che modo.

In quella occasione mi ha riecheggiato dentro la similitudine tra la chitarra e la natura e l'essere umano.  Ho sentito molto forte il tradurre sullo strumento l'identità del liutaio. Credo che sia molto vero e non scientificamente provabile, quasi magico il plasmare una idea, un progetto mentale in una creazione vera. Guardando diversi liutai che mi e' capitato di incontrare, capisco quanto si avvalgono degli studi che hanno fatto ma di più del loro sentire, della percezione del momento e della relazione tra loro stessi e quello specifico pezzo di legno. È veramente una nascita, un evolvere giorno per giorno, dello strumento ma anche del loro essere professionale.

Questo mi ha fatto tornare in mente come descrive il liutaio Graziani la chitarra e anche il motto che ha usato per un concorso di liuteria "la chitarra come metafora di vita con le sue spalle, fianchi, vita, manico e infine buca dalla quale come fosse un figlio nasce la musica....la metafora del creato."

Lo vivo anche nel mio fare clinico che tutte le attività manuali sono espressione di se', sono un mezzo per lasciare la propria impronta nel mondo e per entrare in contatto con le proprie risorse interne anche quando non credi di averne più, come nelle forme di terapia occupazionale. E le attività manuali hanno di per se' un potere terapeutico, credo faccia sentire 'in grado e capaci' riuscire a costruire uno strumento musicale e sentire che suona e viene apprezzato. Una legittimazione e un riconoscimento. Da identità proprio come un figlio, che aiuta anche ad avere una prospettiva per il futuro, per l'avere fiducia e per costruire la tenacia necessaria alla vita. Come se ricordasse sempre un senso, un motivo, una fonte di vita.

Ho pensato anche che da un pezzo di natura, viene fuori una nuova natura: dal legno, lo strumento tramite la passione. E come i neonati che crescono se sollecitati, anche alla chitarra serve un tempo di maturazione che è soggettivo, come per le persone... e varia con le esperienze, con "quanto vieni suonato". E che come le persone da emozioni e sa vibrare in più parti. E in diversi modi. E non ultimo nasce da un'emozione!

Durante l'esposizione del libro mi ha colpito trovare la parola relazioni in tanti aspetti: tra i pezzi della chitarra, tra il liutaio e la chitarra, tra le note.... come le persone che senza relazioni 'stonano'.

L'attività di liuteria mi pare quindi descriva una ricetta di vita: non esiste un metodo perfetto per vivere ne' per costruire, si possono scrivere 1000 libri e 1000 teorie ma ogni volta devi plasmare su un unico pezzo di legno quello che serve e lo puoi fare solo con il sentire e la riflessione attenta, tale aspetto nel mio lavoro si chiama consapevolezza. Come afferma il maestro Primo Pistoni “veri e propri trucchi non esistono, se non quello di dedicare una particolare attenzione all'assemblaggio dello strumento come identità sonora. D'altronde, aldilà dell'estetica, uno strumento serve per suonare. Un segreto, un ingrediente magico che non può essere ripetuto, replicato, che resiste agli innumerevoli tentativi di contraffazione. D'altronde, questo si sa, Paganini non ripete."

Infine mi ha risuonato molto questa riflessione per tanti motivi, sicuramente intimi, ma anche la mia spinta ad identificare in alcuni fare, dei metodi protettivi per la salute: da sempre penso che questo spazio creativo e salutare che la costruzione rappresenta consenta inoltre di riuscire a tollerare le fatiche del lavoro e della quotidianità. Non solo nell'azione del fare ma anche tramite la passione rivissuta del pensarla e raccontarla.

Non penso che si possa interrompere una spinta come questa se ce l'hai dentro, vorrebbe dire rinunciare ad un pezzo di se' stessi e di vita, quindi di promozione della salute.

“IL SAPER FARE LIUTARIO: DALLA CONOSCENZA DEL LEGNO ALLA TRADIZIONE DELLO STRUMENTO MUSICALE “ (Marassi)

Come afferma Marassi “Ritengo che parlare del saper fare liutario debba avere il suo incipit nella conoscenza del legno.  Esso è la materia: materia prima che viene trasformata dalle mani del liutaio. Il legno assume così  ulteriore forma: quella dello strumento. Ma, prima  di procedere, è necessaria qualche precisazione  proprio sulla funzione della materia: sul rapporto  fra questa e il manufatto.  Il legno possiede caratteristiche che le mani del liutaio rivela. Nel rivelarle il legno assume nuova  forma.  Il costruttore deve avere un’idea e adeguate capacità per realizzarla. Così, la materia assume  nuova identità: quella dell’opera. È impensabile un liutaio senza un blocco di abete. Nel legno c’è la potenzialità del suono, nell’opera del liutaio c’è  l’attuazione di un progetto. Il legno non ha la sonorità dello strumento, ma se nel legno non ci fosse la potenzialità della voce a nulla varrebbe l’abilità del liutaio.[...] La curiosità favorisce il metodo induttivo.”

I legni cambiano le loro caratteristiche in base al luogo dove crescono, al clima, all'esposizione al sole o al vento, altitudine e velocità di crescita delle piante, come vengono tagliati e serve un tempo di stagionatura perché possano essere utilizzati. Mi sembra interessante sottolineare quanto legno e persona abbiano in comune: condizionamenti esterni che ne determinano lo sviluppo e l'evoluzione. Anche la persona ha bisogno di un tempo per riconoscere le sue caratteristiche, un tempo per maturare e identificare la sua strada... metaforicamente per diventare lo strumento musicale che  può diventare piu' efficacemente.

“La conoscenza matura nel tempo, l’esperienza guida. Il legno è il materiale che dà l’identità primaria a uno strumento. Si tratta di quell’imprinting che  viene ancor prima della sua lavorazione”. Come lo stupore per la bellezza dello strumento finito che da la curiosità e la passione per approfondire la tecnica per il liutaio. In gergo si usa dire 'seguire il verso del legno’ nella sua lavorazione, proprio perché è il legno ad indicare i metodi di lavorazione come la passione che indica la strada per la sperimentazione. L'occhio del liutaio deve imparare a vedere e riconoscere.

“[…] In molti esperti affermano che l'osservazione e la sperimentazione costituivano il metodo più congruo per affrontare il problema. E' necessario procedere tramite studi comprovati ma anche da quelle intuizioni che solo chi sa fare e' disposto a sperimentare. E' su questo che si fonda il sapere fare il liutaio, risultato di molteplici competenze e abilità: arte” come afferma Marassi.

La ricerca estetica non sembra essere la sola guida nella realizzazione della forma, ma diversi aspetti tra loro interagenti, debbono costruire il piano di lavoro per la costituzione degli strumenti:
- osservazione della storia dello strumento e della evoluzione attuale, alla ricerca di un proprio stile. Gli strumenti si riconoscono e ciascuno possiede una identità che lo contraddistingue scelto dal suo creatore
- scelta dei materiali e delle modalità costruttive che consentano allo strumento di ottenere un timbro unico e di durare nel tempo
- il rapporto con il musicista che vive lo strumento come prosecuzione di se' stesso

“[…] Ogni strumento possiede un proprio timbro unico, si deve osservare come questo, alla pari della voce umana, nel tempo si modifichi. Se lo strumento porta in sé i segni delle sue trasformazioni e dei restauri in quanto il legno ne porta traccia, il suono si sottrae alla memoria e non si lascia documentare se non, oggi, attraverso le registrazioni. “

L'IDENTITA'

Il concetto d'identità, nella sociologia, nelle scienze etnoantropologiche e nelle altre scienze sociali  riguarda la concezione che un  individuo ha di se' stesso nell'individuale e nella societa', quindi l'identità è l'insieme di caratteristiche uniche che rende l'individuo unico e inconfondibile, e quindi ciò che ci rende diverso dall'altro. L'identità non è immutabile, ma si trasforma con la crescita e i cambiamenti sociali.
La personalità è un concetto tipicamente dinamico nell'arco di vita di una persona e gli esseri umani affrontano, durante tutto l'arco della loro vita, alcuni nodi cruciali di passaggio necessari per evolvere una maturazione psicofisica adeguata al contesto sociale. Le varie fasi possono essere distinte come segue: la prima infanzia (dai 0 ai 3 anni), lo svezzamento, la fase del no, i  conflitti, la prima socializzazione (età scolare), la pubertà, l'adolescenza (la formazione dell'identità  maturando l'indipendenza di pensiero con l'acquisizione, in una prima fase, di valori conformisti nei confronti del gruppo di appartenenza, ma trasgressivi nei riguardi dei valori sociali e, in una successiva, di accettazione delle figure simbolo della società come insegnante, genitore, ecc.). La vita adulta in cui il soggetto cerca di realizzare il suo progetto di vita (lavoro, famiglia ecc.), definendo il più possibile la sua identità, distaccandosi dal nucleo familiare originario e rendendosi il più possibile socialmente indipendente. Infine l'anzianità.
Si desume quindi che un liutaio possa avere sviluppato questo interesse tramite la costruzione di un significato affettivo particolare nella prima infanzia, ad esempio avere giocato con il legno e costruito qualcosa di piacevole con il padre.

Piaget è considerato il fondatore dell'epistemologia genetica, ovvero dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo, e si dedicò molto anche alla psicologia dello sviluppo.

Piaget dimostrò innanzitutto l'esistenza di una differenza qualitativa tra le modalità di pensiero del bambino e quelle dell'adulto e, successivamente, che il concetto di capacità cognitiva, e quindi di intelligenza, che è strettamente legato alla capacità di adattamento all'ambiente sociale e fisico. Ciò che spinge la persona a formare strutture mentali sempre più complesse e organizzate lungo lo sviluppo cognitivo è il fattore d'equilibrio, «una proprietà intrinseca e costitutiva della vita organica e mentale». Lo sviluppo ha quindi un'origine individuale, e fattori esterni come l'ambiente e le interazioni sociali possono favorire o no lo sviluppo, ma non ne sono la causa.

Riprendendo le idee di Baldwin, sostiene che i due processi caratterizzanti l'adattamento siano l'assimilazione e l'accomodamento, che si avvicendano durante l'intero sviluppo. L'assimilazione e l'accomodamento accompagnano tutto il percorso cognitivo della persona, flessibile e plastico in gioventù, più rigido con l'avanzare dell'età.
L'assimilazione consiste nell'incorporazione di un evento o di un oggetto in uno schema comportamentale o cognitivo già acquisito. In pratica il bambino utilizza un oggetto per effettuare un'attività che fa già parte del suo repertorio motorio o decodifica un evento in base a elementi che gli sono già noti.
L'accomodamento consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello schema comportamentale per accogliere nuovi oggetti o eventi che fino a quel momento erano ignoti.

I due processi si alternano alla costante ricerca di una omeostasi (equilibrio fluttuante). Quando una nuova informazione non risulta immediatamente interpretabile in base agli schemi esistenti il soggetto entra in uno stato di disequilibrio e cerca di trovare un nuovo equilibrio modificando i suoi schemi cognitivi incorporandovi le nuove conoscenze acquisite, in un'ottima di potenziale capacità di acquisizione permanente.Questo è ad esempio quello che avviene quando un liutaio modifica lo stampo o le caratteristiche del suo strumento, a seguito di una nuova ‘intuizione’ o di nuove acquisizioni.

LA CREATIVITA'
Creatività è un termine che indica genericamente l'arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare; tuttavia esso può prestarsi a numerose interpretazioni e significati.
«La creatività è un tentativo di risolvere un conflitto generato da pulsioni istintive biologiche non

scaricate, perciò i desideri insoddisfatti sono la forza motrice della fantasia ed alimentano i

sogni notturni e quelli a occhi aperti.» (Sigmund Freud)

«La creatività non è altro che un'intelligenza che si diverte.» (Albert Einstein)

La creatività è mettere in connessione le cose...» (Steve Jobs)

Il verbo italiano "creare", al quale il sostantivo "creatività" rimanda, deriva dal "creare" latino, che

condivide con "crescere" la radice KAR. In sanscrito, "KAR-TR" è "colui che fa" (dal niente), il creatore.

Per saper creare è necessario fare esperienza. In filosofia il termine esperienza si riferisce a diversi significati:

·      -  nella conoscenza è il momento in cui interviene la sensazione;

·      -  riguardo alla sensibilità interiore è la percezione intuitiva, immediata, di un sentimento o un'emozione

-  nella filosofia della scienza è il fondamento delle osservazioni scientifiche basa sensate esperienze» e sulle sulle «dimostrazioni necessarie»: quello che gli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone innanzi agli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono..»

La conoscenza è la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenute attraverso l'esperienza o l'apprendimento (a posteriori), ovvero tramite l'introspezione (a priori).

La conoscenza è l'autocoscienza del possesso di informazioni connesse tra di loro, le quali,

prese singolarmente, hanno un valore e un'utilità inferiori.

I racconti di artigiani mi hanno indotto a riflettere su molti aspetti della formazione del sé e dello sviluppo di competenze professionali. Tra le considerazioni che ricorrono più frequentemente vi è sicuramente il connubio inseparabile tra manualità e creatività che caratterizza profondamente il lavoro artigianale: indipendentemente dai materiali utilizzati e dal prodotto da realizzare, gli artigiani richiamano costantemente il gioco dinamico tra mano e testa come componente fondante dei propri processi di lavoro.

Realizzare un manufatto in legno o in metallo o in stoffa, richiede di certo l’applicazione rigorosa di procedure, ma contemporaneamente consente all’artigiano di esplorare, attraverso la creatività, nuove strade per risolvere un problema e ottenere il risultato atteso.

Gardner afferma che “è errato ritenere che esista qualcosa chiamata intelligenza, come fattore unitario misurabile attraverso un parametro numerico. Al contrario, essa è contraddistinta in una notevole varietà di forme raziocinanti e creative che rappresentano sette modi diversi di conoscere il mondo: linguaggio, analisi logico-matematica, rappresentazione spaziale, pensiero musicale, uso del corpo, comprensione degli altri e comprensione di sé. Ciò che distingue gli individui sono i modi con cui queste intelligenze sono chiamate in causa e combinate per portare a termine compiti e risolvere problemi. Ognuno di noi può sviluppare le diverse intelligenze se siamo messi in condizioni appropriate di incoraggiamento, arricchimento e formazione. Alla luce di questa consapevolezza, occorrerebbe superare il principio per cui tutti possono apprendere le stesse cose allo stesso modo: è necessaria un’apertura verso una più ampia gamma di esperienze formative in grado di tener conto della complessità della formazione umana. “

 La realizzazione di un prodotto o manufatto artigianale sembrerebbe un’importante palestra per la scoperta e il rafforzamento di molte di queste intelligenze. Forse, l’esercizio della manualità, potrebbe recuperare anche abilità oggi assopite, nell’era della smaterializzazione e informatizzazione del lavoro come quella in cui siamo. 

 Il mondo dell’artigianato è anche, per molti, una buona palestra sociale, dove sperimentare le proprie abilità comunicative e relazionali: l’artigiano, oltre a produrre i propri manufatti, deve anche farli conoscere e apprezzare sul territorio, deve acquisire e fidelizzare nuovi clienti, interpretare le loro richieste e negoziare con loro il risultato finale.

L’artigianato sembrerebbe quindi una buona opportunità per lo sviluppo di competenze professionali trasversali (fronteggiare e risolvere problemi, progettare e organizzare fasi di lavoro, comunicare e rapportarsi con gli altri, interpretare bisogni e richieste, presentarsi in maniera efficace, lavorare in gruppo), fondamentali per la formazione del sé. 

 A questo proposito, occorre precisare che il filo conduttore di tutte le forme di artigianato è sicuramente la passione, che rappresenta la principale motivazione al lavoro manuale: i mestieri artigianali sono qualcosa di più di una semplice applicazione tecnica, ma comportano un forte coinvolgimento affettivo in ciò che si sta realizzando. La gratificazione principale nasce dal seguire il processo di lavoro dalla fase iniziale di ideazione fino alla contemplazione del proprio manufatto. Il prodotto finale è a tutti gli effetti figlio dell’artigiano, fonte e concentrazione di pathos, rappresentazione visibile e condivisibile di sé. 

In realtà, l’artigianato e quindi anche la liuteria, oltre ad essere spesso un’opportunità occupazionale interessante, consente livelli di gratificazione e di empowerment il più delle volte ignorati o sottovalutati. 

Esiste anche una forma di terapia che usa il fare: la terapia occupazionale

Il luogo di Terapia Occupazionale è una stanza con una varietà di materiali e oggetti che invitano al “fare”, un luogo in cui la possibilità di scegliere è sempre presente:  un’opportunità che rappresenta il riconoscimento della soggettività del paziente.  Ogni scelta viene presa in considerazione dal terapista insieme al paziente, anche la  non-scelta.

Durante lo svolgimento delle attività avviene la trasformazione dei materiali: acqua e farina diventano una pizza profumata, un foglio di compensato una scatola per conservare gli oggetti più cari, terra e semi, una pianta....

Tale trasformazione nella stanza di terapia è accompagnata da un cambiamento interiore: un processo parallelo dove le emozioni e i pensieri vengono traghettate dal “fare”.

In quest’ottica di stretta connessione tra azione e pensiero si pongono le attività, strumento privilegiato della terapia occupazionale.

Come mette in luce Robert White quando parla dell’aspetto motivazionale della competenza, il percorso terapeutico così creato può avere la funzione di creare inoltre un ponte reale tra esperienze passate e il futuro del paziente. Ho avuto modo di osservarlo durante la mia esperienza con le persone con disabilità acquisita.

E’ attraverso la  possibilità di creare oggetti, pensieri, storie e relazioni che si esplica la grande opportunità di cura  della T.O.: il contatto tra terapista e paziente  sul luogo del “fare” ha una grande valenza riabilitativa e  grazie ad esso due mondi, quello del terapista e quello del paziente, si incontrano e proprio da questo contatto prende avvio il percorso del trattamento, che è fatto di impegno per l’evoluzione (come tra l'altro tra liutaio e musicista).

Il compito del terapista è cercare di capire le risorse e le difficoltà intorno alle occupazioni della vita, l’approccio è alla persona come 'persona in grado di fare delle cose': prima si accertano le risorse e gli interessi della persona, poi si affrontano i problemi specifici con l’intervento mirato.

Tutto questo è diverso da “ti dico io come si fa” che rappresenterebbe un puro esercizio di funzioni che non favorisce l'evoluzione e non promuove gli apprendimenti che possono portare all'autonomia (come avviene ad esempio quando si costruisce una copia di uno strumento).

“il fare, per essere terapeutico, deve essere “un fare essere”, come direbbe Fromm, deve entrare costruire una maggiore fiducia, un equilibrio, una relazione positiva con il mondo umano e non-umano che lo circonda, deve permettergli, con le sue attività motorie e ludiche, il passaggio da momenti “primitivi” a momenti più strutturati”.

La realtà fisica e quella della mente confluiscono e si realizzano nell’oggetto, quindi possiamo dire che il prodotto di una attività è il simbolo di un cambiamento, di un processo esterno ed interno. Il prodotto non deve essere rifinito e ben riuscito ma deve essere il risultato di un processo evolutivo e la persona deve poterlo riconoscere come suo e avere da esso la conferma che le sue azioni lasciano un segno nella realtà, che hanno un effetto. Produrre un effetto, raggiungere l’obiettivo desiderato è fonte di grande soddisfazione. L’esperienza del sentirsi competenti dà una spinta propulsiva al desiderio di impegnarsi nel processo terapeutico. Rende concreta la motivazione e può aiutare a dare significato all'esistere.

Personalmente in un momento di grande strappo tra due fasi di vita un hobby è stato la mia Terapia occupazionale. Attraverso la manipolazione, l'assemblaggio, le prove di tenuta dell'oggetto, la contentezza del risultato, la piacevolezza e l'approvazione ricevuta degli altri, ho ritrovato energia per evolvere aiutandomi a riconoscere che quel vuoto non era incapacità, ma potere e spazio generativo, potendo riacquistare una stima di me e un sentimento di ben-essere maggiore.

L'AUTOSTIMA

L'autostima è il processo soggettivo e duraturo che porta il soggetto a valutare e apprezzare se stesso tramite l'autoapprovazione del proprio valore personale fondato su autopercezioni. La parola autostima deriva appunto dal termine "stima", ossia la valutazione e l'apprezzamento di sé stessi e degli altri. Il nostro senso di autostima deriva da elementi cognitivi ovvero il bagaglio di conoscenze di una persona, la conoscenza di sé e di situazioni che vengono vissute dal soggetto; elementi affettivi che vanno ad influenzare la nostra sensibilità nel provare e ricevere sentimenti, che possono essere stabili, chiari e liberanti; elementi sociali che condizionano l'appartenenza a qualche gruppo e la possibilità di avere un'influenza sul gruppo, di ricevere approvazione o meno dai componenti di quest'ultimo.

L'autostima ha la caratteristica fondamentale di essere una percezione prettamente soggettiva e, in quanto tale, non stabile nel tempo ma dinamica e mutevole. Il senso di autostima deriva principalmente dalle relazioni che ogni persona interiorizza e rielabora, sia le relazioni che vanno verso noi stessi che quelle interpersonali. Da questo deriva il fatto che le persone influenzano in continuazione il loro senso di autostima e a loro volta sono influenzate da esso.

Lo strumento come la persona e' fatto di parti modificabili e parti non modificabili. Inoltre entrambi reagiscono, per come sono fatti, agli stimoli esterni. La liuteria, quindi come fare e come atto simbolico può rappresentare un modo per mantenersi sani e riconoscersi, attraverso una esperienza interna anche di sicurezza percettiva e come strumento espressivo di una propria capacità. L'importante è riconoscere che ‘faccio perché sono’ e quindi introiettarlo/riconscerlo come propria capacità.

La rappresentazione di sé è quel sistema di convinzioni, aspettative, valori che il soggetto costruisce nel corso del tempo in relazione alla propria persona. Il modello educativo ricevuto, l’identificazione con i genitori o con altre figure di riferimento del proprio ambiente, le influenze del contesto sociale concorrono a formare un insieme di schemi che l’individuo utilizza per dare un senso alle esperienze della sua vita. Sono idee e pensieri su come ci si debba comportare, valori religiosi, etici o politici, convinzioni sul mondo e sugli altri. Ad un livello più intimo, più personale, troviamo abitudini e modi di essere che riguardano la gestione delle emozioni, gli atteggiamenti nelle relazioni, l’immagine che si desidera avere agli occhi degli altri. Tutti i pensieri, le emozioni, i comportamenti vengono messi a confronto con la rappresentazione di sé.

L’influenza è reciproca: l’esperienza presente condiziona l’immagine di sé, che a sua volta modifica l’interpretazione dell’esperienza. Una tappa quindi importante per ogni liutaio è rappresentata dall'uscire dal proprio laboratorio per mostrarsi e confrontarsi con i pari e tale tappa si conquista quando l'oggetto esterno costruito corrisponde in tutti i suoi aspetti a quello costruito internamente. Questa tappa consente di costruire un senso di appartenenza che mette insieme ‘fare ed essere’ e può dare identità e autostima. E' per questo che richiede anche un tempo di 'stagionatura' professionale. Anche l'esperienza del pagamento successivamente, rappresenta un aspetto importante dello sviluppo della personalità, ha a che fare con la valorizzazione e il riconoscimento di sé ed è spesso difficile da conquistare anche per i liutai.

“Sappiamo ciò che siamo ma non sappiamo ciò che potremmo diventare (William Shakespeare)

“Volerò disse il bruco. Tutti risero. Tranne le farfalle (Cit.)

Bibliografia:

https://www.dirittiesentimenti.it

https://psicologia.tesionline.it/psicologia/article.jsp?id=27343

Wikipedia

https://www.museodelviolino.org/it/

https://www.confartigianato.it/2011/04/la-liuteria-cremonese-simbolo-dellidentita-culturale-italiana/

https://qui.uniud.it/notizieEventi/ateneo/l2019artista-liutaio-gio-batta-morassi-dottore-honoris-causa-in-discipline-della-musica-dello-spettacolo-e-del-cinema/la-lectio-di-gio-batta-morassi

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/10/26/professione-liutaio.html?refresh_ce